Camilla Rizzi è stata ospite del Beijing Dance Festival di Hong Kong (China), in qualità di operatrice under35, nel luglio 2019, accompagnata da Gerarda Ventura, direttrice artistica di Anghiari Dance Hub.
Camilla ha potuto prendere parte al Festival, incontrare gli operatori asiatici e internazionali e approfondire aspetti legati al pubblico, al tipo di programma proposto, al modello organizzativo utilizzato dal Festival.
Camilla è stata precedentemente ospite in Italia di Interplay Festival, nel maggio 2019, durante il weekend dedicato agli spettacoli asiatici e ai meeting con gli operatori stranieri.

Positivi ed ammirevoli sono sicuramente la passione e dedizione che tutto lo staff del festival ha rivelato nel voler creare questo grande evento: il direttore artistico del festival Willy Tsao ha presentato ogni singola performance e ha tenuto tutti gli incontri, dando atto di una conoscenza del panorama della danza cinese davvero molto ampia. Le sue parole e modo di fare facevano trapelare l’amore verso il suo lavoro e verso l’arte.
Inoltre, tutti, dalle volontarie ai responsabili organizzativi e di produzione, si sono dimostrati per l’intero periodo molto disponibili e attenti alle esigenze di operatori, artisti e pubblico pagante, nonché sempre presenti e partecipi delle attività. Dettagli che fanno la differenza.

I coreografi cinesi, alla domanda “Qual è il vostro lavoro sulla drammaturgia?” hanno risposto riferendosi al drama, alla parte emozionale delle performance, dimostrando che probabilmente la parola drammaturgia ancora non è entrata a far parte del loro vocabolario della danza.
Non bisogna però pensare che a causa di ciò la danza contemporanea cinese sia “peggiore” rispetto a quella europea: sicuramente il nostro continente ha alle spalle una storia della danza importante che ha posto le basi per quello che è il panorama attuale; la Cina però, che fino a una trentina di anni fa non avrebbe mai potuto mettere in scena gli spettacoli presentati al festival, sta recuperando molto velocemente il “tempo perso” con grande cura e devozione.
Non mi sorprenderebbe se tra una decina d’anni i festival cinesi diventassero il punto nevralgico della danza contemporanea internazionale, anche per il grande numero di strutture a loro disposizione.